La narrazione storica può essere paragonata ad un tessuto fatto di trama e di ordito, ma anche di cascami. Questi brandelli di fili multicolori possono ben restituirci l’immagine che in varie epoche e in vari contesti ha avuto la storia della famiglia Medici, o meglio ciò che di questa storia è stato raccolto e recepito. Anacronistiche ricostruzioni cinematografiche e sapienti mostre d’arte hanno di recente portato alla ribalta ombre e luci di una famiglia di umili origini mercantili ascesa a un potere principesco mantenuto per circa tre secoli. Se perdura l’interesse un po’ morboso verso le congiure e i delitti politici e passionali perpetrati dai Medici a partire dal secolo XV, questo va imputato ad una tradizione storiografica che raggiunse il suo apice con la leggenda nera tessuta attorno alla figura di Caterina de’ Medici regina di Francia. I protagonisti di lotte intestine fra gruppi e famiglie armati di pugnali e veleni, hanno ispirato cinema e televisione oltre che letteratura. La divulgazione storica, tanto auspicabile se ben condotta, si è servita di fonti parziali e spesso distorte, in parte eredi di quella messe aneddotica che fu diffusa da Andrea de Varillas nella seconda metà del Seicento.
Intenti più aderenti alla correttezza dell’indagine hanno guidato l’interesse per la vasta produzione artistica fiorita alla corte dei Medici da Cosimo I a Giangastone, oggetto di varie mostre allestite a Firenze e nel mondo con il supporto di riletture e interpretazioni. Se arte sacra e profana ancora nel pieno Cinquecento hanno costituito un punto di congiunzione e di contrasto fra Rinascimento e Controriforma, molto invece resta da offrire ad una divulgazione alta e qualificata sul versante delle strategie politiche, economiche e culturali messe in atto dalla famiglia Medici una volta assurta a dinastia nel 1537 con il duca Cosimo I.
Una relativa neutralità e stabilità sociale consentirono dagli anni Ottanta del Cinquecento di portare avanti l’esperimento di uno stato composito fatto di un potere centrale, ma non accentratore, rispettoso di statuti e autonomie locali. Cittadini letterati e principi filosofi si incontravano in confraternite e in accademie; a Firenze, città capitale, nacque e si sviluppò la corte, prima a Palazzo Vecchio e poi nella reggia di Pitti; a Pisa fu dislocata definitivamente l’università dal 1543; Siena e il suo stato furono acquisiti dallo stato vecchio dal 1559; Livorno e il suo porto franco furono il fulcro di un’importante esperienza urbana multietnica e interconfessionale a a partire dal governo di Ferdinando I de’ Medici. Un progetto policentrico, dunque, quello che ispirò la costruzione e il consolidamento dello stato mediceo.
Di lungo periodo, inoltre, l’attenzione a quella sorta di welfare state avant la lettre che riguardò Firenze e le altre città toscane e che tanto ha attratto gli storici anglo-americani fin dagli anni Trenta del Novecento. Le varie iniziative condotte nel campo della sanità e dell’assistenza ai poveri, alle fanciulle da dotare e agli orfani, oggetto di recenti e pregevoli studi, mostrano la ricaduta di quei valori morali e religiosi sull’attuazione delle buone opere di cui i membri della famiglia Medici si fecero promotori alla stregua di molti loro sudditi.
La gestione capillare del territorio attraverso i rettori di giustizia e i cancellieri delle comunità e città soggette a Firenze, gli spazi femminili che proprio in seno alla corte trovarono risonanza e valorizzazione con Eleonora di Toledo, e soprattutto con Cristina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria, sono altrettanti tasselli del grande mosaico mediceo.
Il ricordo ancora vivo delle mostre e dei convegni svoltisi a Firenze nel 1980, accompagnati da un grande successo di pubblico, devono stimolarci a riportare nei giusti binari la storia di una dinastia dai suoi esordi al suo declino reso meno drammatico dal patto di famiglia che, grazie ad Anna Maria Luisa de’ Medici, Elettrice Palatina, figlia di Cosimo III, ci ha consegnato e conservato un inestimabile patrimonio culturale.