“Cittadinanza moderna e ius soli” – Aurelio Musi – Università degli Studi di Salerno

Da cittadino-suddito a cittadino-sovrano. Dalla cittadinanza come componente del sistema del privilegio alla cittadinanza come parte fondamentale del sistema dei diritti. Anche così può essere rappresentato il processo, non lineare ma drammaticamente accidentato, della modernità. Non lineare ed accidentato decisamente si è configurato quel processo proprio perché il passaggio dalla società del privilegio alla società dei diritti ha comportato l’erosione radicale di tutto quanto, con una formula contratta, definiamo convenzionalmente antico regime: e che una rivoluzione necessaria ha dovuto smantellare. La differenza radicale fra l’antico e il nuovo regime sta soprattutto nel fatto che a rappresentare il primo è la gerarchia, a rappresentare il secondo è l’eguaglianza.

Tuttavia, se torniamo al concetto di cittadinanza e alla sua storia di lunga durata, non possiamo non osservare un filo rosso, un elemento di continuità che lo caratterizza: il valore dell’inclusione, possibile a condizione del rispetto di un sistema di regole condivise, la residenza nella città da un certo numero di anni e l’osservanza delle sue leggi e statuti.  E questo è vero persino nella società gerarchica d’antico regime. Certo il senso comune è in questo caso quello del segregare e distinguere. Il far parte di corpi – e anche la città è un corpo – da diritto al godimento di privilegi (e il diritto-privilegio non è un ossimoro in tal caso) dal quale è escluso chi non ne fa parte. Così persino il povero napoletano è privilegiato rispetto al povero non napoletano delle province del Regno, perché gode dell’esenzione dal pagamento dei fiscali (imposte dirette) e può così sentirsi relativamente uguale ai suoi concittadini più ricchi.

  Il valore dell’inclusione via via sempre più estesa è il segno distintivo della civiltà occidentale: dai greci, che condizionano la partecipazione politica all’appartenenza alla polis, a Roma, che riconosce la piena capacità giuridica, al Comune, alla prima modernità, in cui ogni cittadino è suddito ma non ogni suddito è cittadino, alla piena modernità postrivoluzionaria in cui cittadinanza e sovranità formano un unico processo.

Tutto questo va ricordato a chi, con motivazioni inconsistenti, si oppone al riconoscimento dei pieni diritti di cittadinanza a migranti ed extracomunitari regolarmente residenti nel nostro paese.