L’interesse storiografico per gli ordini religioso-cavallereschi, e in particolare per quello di Malta, è stato per l’Italia relativamente recente. Solo a partire dalla fine degli anni ’80, infatti, la bibliografia nazionale si è arricchita di contributi significativi, mentre fino a quel momento le ricerche avevano avuto un taglio marcatamente agiografico e per lo più di impianto araldico-genealogico (Fantoni 1991). Fonte privilegiata dei nuovi studi sono stati, innanzi tutto, i cosiddetti “processi di nobiltà”, cioè le procedure che regolavano l’ammissione agli ordini attraverso la verifica di precisi requisiti, resi sempre più esigenti a partire dalla seconda metà del ’500 (Donati 1988; Spagnoletti 1988; Irace 1995; Angiolini 1996). Tale fonte si è rivelata uno “specchio”, fedele e deformante al contempo, di una società in assetto di mobilità costante, come anche analisi assai più recenti hanno confermato (Pace Gravina 2018). L’analisi attenta dei singoli dossier ha infatti svelato una realtà spesso governata da logiche parentali e clientelari, nel contesto della quale dispense, raccomandazioni e complicità, piegavano a interessi di parte la teorica inflessibilità di requisiti e procedure di ammissione (D’Avenia 2009a). Assai utile, al fine di individuare modelli, imitazioni e “genealogie” di identità nobiliare, si è rivelata anche la comparazione tra le prove di nobiltà degli ordini, comprese quelle richieste negli órdenes militares castigliani (Alcántara, Calatrava e Santiago), caratterizzati nei fatti da un ancor maggiore grado di arbitrarietà (Angiolini 2009; Aglietti 2009a; D’Avenia 2009b, 2018c).
Parallelamente il panorama degli studi si è allargato ad altri importanti filoni di ricerca: i meccanismi di accumulazione, gestione e dissoluzione dei patrimoni degli ordini religioso-cavallereschi (Barsanti 1991; Angiolini 1992; Le commende 1997; Ricardi di Netro-Gentile 2000; Buono-Pace Gravina 2003; Giuffrida 2006; Novi 2011ab e 2015); i conflitti giurisdizionali interni all’Ordine di Malta e quelli sorti tanto tra le “nazioni” (Lingue) che lo componevano, quanto con l’inquisitore e il vescovo locale, in parte comparabili con le analoghe controversie di cui fu protagonista l’Ordine di S. Stefano (D’Avenia 2015; Russo 2017; Greco 2014); la “monarchizzazione” e internazionalizzazione dell’Ordine di Malta attraverso la cooptazione di principi e cardinali italiani e la rivendicazione/costruzione di una sovranità statuale autonoma ma contrastata dalle potenze europee (Turrizziani Colonna 2006; Castagnino Berlinghieri 2007; Ciappara 2008; Spagnoletti 2009; Pilo Galisai 2009; Pace Gravina 2016), speculare all’uso politico-dinastico che i principi italiani fecero degli ordini da loro fondati proiettandoli nel contesto di alleanze internazionali, come nel caso dell’Ordine sabaudo dei Santi Maurizio e Lazzaro e ancora di quello toscano di S. Stefano (Merlotti 2002, 2006, 2009; Aglietti 2007); la componente religiosa degli ordini e in particolare la (tentata) riforma dell’Ordine giovannita nel contesto del “rinnovamento cattolico” controriformistico (Scarabelli 1994, 1998, 2001; de Palma 2007, 2015; Cozzo 2009, 2014; Spagnoletti 2014; D’Avenia 2018ab). A testimoniare l’attualità di quest’ultimo tema, alla spiritualità e all’attività assistenziale dell’Ordine di Malta sono stati dedicati diversi contributi dell’ultimo numero di «Studi Melitensi», pubblicazione del Gran Priorato di Napoli e Sicilia, tra i quali uno di Spagnoletti (2018). L’occasione è stata offerta dal decimo anniversario della morte del gran maestro Andrew Bertie (del quale nel febbraio 2015 si è aperto il processo di beatificazione), ma vi devono certamente avere contribuito anche le recenti drammatiche vicende dell’attuale commissariamento dell’Ordine da parte di papa Francesco (Tomer 2018), impegnato in un deciso «rinnovamento spirituale e morale dell’Ordine, specialmente dei Membri professi» (Lettera di papa Francesco al sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, mons. Giovanni Angelo Becciu, per la nomina a delegato speciale presso il Sovrano militare Ordine di Malta (2 febbraio 2017): http://w2.vatican.va/content/francesco/it/letters/2017/documents/papa-francesco_20170202_lettera-delegato-ordine-malta.html). Proprio in queste ore, per altro, giunge la notizia della scomparsa del gran maestro dell’Ordine di Malta, fra’ Giacomo dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, eletto appena due anni fa (2 maggio 2018).
Da questo variegato panorama storiografico, nel quale merita di essere inserito a pieno titolo anche un interessante approccio di storia di genere avviato per l’Ordine di S. Stefano (Aglietti 2009b), emerge che gli ordini religioso-cavallereschi, e quello di Malta in particolare, non sono più considerati “latitanti” come agency storica, grazie a una riconosciuta presenza delle sue istituzioni e dei suoi uomini in molti degli snodi cruciali dei processi di antico regime. Essi restano tuttavia oggetto di ricerche episodiche isolate e settoriali, per quanto in molti casi solide dal punto di vista documentario e storiografico, e insufficienti ancora ad animare un dibattito organico a livello nazionale e di conseguenza a inserirsi con autorevolezza in quello internazionale, senz’altro più vivace come nel caso di Spagna, Portogallo e Inghilterra.
Un rilancio più organico degli studi sull’Ordine di Malta potrebbe allora venire dalla collaborazione interdisciplinare tra storici (della Chiesa e del diritto) e giuristi (internazionalisti, canonisti ed ecclesiasticisti), con il coinvolgimento di archivisti ed esperti di bibliografia e storia dell’editoria (Formiga 2015), in considerazione del significativo ampliamento del patrimonio documentario oggi a disposizione degli studiosi (Vanesio 2014). A partire da tali competenze sarebbe infatti possibile analizzare in una prospettiva di lungo periodo l’evoluzione del profilo storico-istituzionale, giuridico e culturale dell’Ordine di Malta, concentrandosi sull’interazione di tre elementi chiave: natura sovranazionale, matrice religiosa (tuitio fidei) e vocazione assistenziale (obsequium pauperum) (Pace Gravina 2010). Il filo rosso dell’indagine dovrebbe essere costituito dalla capacità dell’Ordine di adattarsi alla trasformazione dei contesti storici, riconvertendo la sua presenza militare nei conflitti mediterranei dell’età moderna in quella internazionale dei secoli successivi in campo umanitario e in particolare sanitario. Tale mutazione/transizione dell’Ordine – mai scontata e a tratti traumatica – risulta infatti un elemento chiave di interpretazione tale da “giustificare” da un punto di vista storico-giuridico la sua sopravvivenza (a differenza di tutti gli altri ordini religioso-cavallereschi nati in Terrasanta e nella Penisola iberica). A tutt’oggi l’Ordine di Malta è infatti un’istituzione sovranazionale dotata di attribuzioni tipiche della sovranità – intrattiene relazioni diplomatiche con 107 stati e gode di rappresentanza presso la UE e l’ONU –, in forza proprio di una mai interrotta attività assistenziale, oggi disseminata su tutto il pianeta, in particolar modo nei paesi del terzo mondo. Non a caso, l’Ordine è da tempo impegnato nel Mediterraneo in attività di soccorso ai migranti e in questo momento drammatico nel contrasto alla diffusione del Covid-19 con attività mediche e di sostegno sanitario.
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