Il tema delle rappresentazioni della città di Roma nel corso dell’età moderna è divenuto oggetto di un vero e proprio filone di studi che ha attraversato e travalicato l’ambito più generale della storia della “città eterna”. L’intreccio che ne è sorto risulta ben visibile da lavori di sintesi, anche molto recenti, in cui il nodo tematico tra storia e mito è divenuto indissolubile (Ciucci, 2002; Formica, 2019). Dalla precoce concettualizzazione di Chabod (Chabod, 1990), l’analisi della costruzione culturale del mito di Roma (Vauchez-Giardina, 2000) ha consentito di rileggere la tradizione di studi sulle immagini della città forgiate nell’epoca moderna – in particolare attraverso il fenomeno del Grand Tour – riconnettendo più profondamente le rappresentazioni della città dei papi con quelle della classicità. Il ripensamento del dualismo tra l’Urbe e la capitale pontificia ha permeato la stagione di innovativi lavori sulla prima Repubblica Romana e, più in generale, ha posto sotto una nuova luce il rapporto tra la realtà di Roma e la sua trasfigurazione in simbolo dell’Antico tout-court, grazie a un interesse inedito per i simboli e le narrazioni scaturite dalla Rivoluzione francese (De Francesco, 2013; Benigno-Di Bartolomeo, 2020).
Ora, in questo contesto di rinnovamento storiografico, la vicenda napoleonica è rimasta più in ombra, per così dire schiacciata tra Rivoluzione e Risorgimento. Ciononostante l’imporsi di una nozione dilatata di “periodo francese” a Roma, per cui l’intera fase rivoluzionaria-imperiale è stata inclusa in una parabola più lunga e complessa su cui la pubblicazione, in questi giorni, di un numero monografico delle Annales Historiques del Révolution française fornisce un bilancio pressoché definitivo (Donato-Gainot-Martin, 2020).
Come tuttavia suggeriscono lavori recenti (Lucrezio Monticelli, 2018; Donato, 2019), il tornante napoleonico ebbe anche alcune peculiarità, specialmente sotto il profilo dell’assemblaggio inedito dei materiali ideologici e simbolici di cui si nutre l’immagine di Roma. Fu questo il momento in cui il dispositivo retorico della “romanità” si piegò, non senza contraddizioni, al paradigma imperiale della “missione civilizzatrice”. In altri termini, la storia e il mito della Roma imperiale ebbero un posto tutto particolare nel tentativo di ridisegnare le origini di una superiorità occidentale quale strumento di legittimazione dell’egemonia globale europea. La ripresa dell’interesse per la storia di Roma antica – sia in sede storiografica (da Gibbon a Niebuhr, fino ai loro epigoni italiani), sia nel discorso pubblico (dagli Idéologues ai patrioti risorgimentali) – celava opzioni e culture politiche diverse: dal confronto repubblicano/imperiale (sullo sfondo del nascente nazionalismo), passando per la competizione tra modelli imperiali francese e inglese, fino alla ripresa di posizioni anti-romane di matrice illuminista.
È sullo sfondo di questi variegati dibattiti culturali che andrebbe riconsiderata la vicenda politica dell’inclusione dell’ex-capitale pontificia all’impero francese. Il nuovo immaginario della “romanità” ebbe un decisivo valore mobilitante nel controverso progetto di conquista francese di Roma: idealmente perno della sovranità imperiale ormai trasferita a Parigi e, concretamente, terreno di dominio para-coloniale, seppure nobilitato dalla titolazione encomiastica di “Seconda città dell’Impero”. Tale ambiguità, ben visibile nel progetto urbanistico di monumentalizzazione del patrimonio archeologico, non fu tuttavia soltanto velleitaria ed effimera, come lungamente sostenuto anche in virtù dalla noncuranza con cui Napoleone non visitò mai la città. Oltre all’alto contenuto simbolico dello scontro tra impero e papato – da cui sorgeva il contro-mito di una Roma cristiana e romantica coltivato da Chateaubriand e Madame De Staël – l’inclusione dell’Urbe nell’Impero ebbe significative implicazioni nel coevo processo di “reinvenzione” del Mediterraneo (Isabella, 2012; Pécout, 2013). I territori romani riscoprivano infatti una vocazione mediterranea all’interno del disegno geopolitico napoleonico che gli assegnava la funzione di confine meridionale della compagine imperiale, oltre al quale solo il Regno di Napoli segnava la fine dell’Europa del sud. Quest’area liminare costituiva un ponte fisico e ideale in direzione degli scenari orientali dischiusi dalla spedizione egiziana con le sue ambiziose proiezioni verso l’India britannica. Tali geografie imperiali, più o meno immaginarie, rilanciavano la questione di una identità mediterranea della Penisola, questione che faceva il suo ingresso nel discorso politico in funzione anti-inglese come pure sul contrapposto fronte anti-francese, aprendo così una lunga tradizione proseguita nei decenni postunitari.
In conclusione si può notare quanto le immagini cangianti della Roma napoleonica riecheggiassero, in qualche misura, temi cruciali nel gioco di specchi delle rivalità imperiali tipiche della cosiddetta età delle rivoluzioni (Bayly, 2010; Armitage-Subrahmanyam, 2010). Per un verso, l’uso politico della nozione di “romanità” si dilatava e, dall’altro canto, tali costrutti ideologici si distaccavano dalla realtà della città di Roma, viceversa posta ai margini delle grandi trasformazioni globali dell’Ottocento (Osterhammel, 2014). È in questa contraddittoria convivenza tra miti politici e pratiche di colonialismo interno che il caso “periferico” e “eccezionale” di Roma ritrova nella transizione ottocentesca una sua paradigmaticità, riassumendo in sé le due polarità. Il profilo alternativo di una Roma “senza il papa” – laica, imperiale e mediterranea – delineatosi negli anni che furono pure di drastica subalternità alla Francia di Napoleone contribuì a veicolare le ambivalenze politico-ideologiche su cui ponevano le basi i nuovi imperialismi, complicando così ulteriormente l’immagine solo apparentemente immobile e “eterna” di Roma moderna e contemporanea.
Riferimenti bibliografici
– D. Armitage-S. Subrahmanyam(eds.), The Age of Revolutions in global context. C. 1760-1840, Palgrave, Macmillan 2010
– Ch. Bayly, The “Revolutionary Age” in the Wider World, c. 1790-1830, in R. Bessel-J- Rendall-N. Guyatt(eds.), War, Empire and Slavery. 1770-1830, Palgrave Macmillan, New York 2010, pp. 21-43
– F. Benigno-D. Di Bartolomeo, Napoleone deve morire. L’idea di ripetizione storica nella Rivoluzione francese, Salerno Editrice, Roma 2020
– F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Laterza, Roma-Bari 1990
– A. De Francesco, The Antiquity of the Italian Nation. The cultural origins of a Political Myth in Modern Itali, 1796-1943, Oxford University Press, Oxford 2013
– M. P. Donato-B. Gainot-V. Martin (dir par), Rome entre révolutions et restaurations (1780-1820), «Annales Historiques de la Révolution Française», 3, 2020
– M. P. Donato, L’archivio del mondo. Quando Napoleone confiscò la storia, Laterza, Roma 2019
– M. Formica, Roma, Romae: una capitale in Età moderna, Laterza, Roma-Bari 2019
– Giardina-A. Vauchez, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini, Laterza, Roma 2000
– M. Isabella, Liberalism and Empires in the Mediterranean: The view-Point of the Risorgimento, in S. Patriarca-L. Riall (eds.), The Risorgimento Revisited. Nationalism and Culture in Nineteenth-Century Italy, Palgrave Macmillan, New York 2012, pp. 232-254
– C. Lucrezio Monticelli, Roma seconda città dell’Impero. La conquista napoleonica dell’Europa mediterranea, Viella, Roma 2018
– J. Osterhammel, The transformation of the World. A global history of the Nineteenth century, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2014
– G. Pécout, Presagi dell'”invenzione del Mediterraneo” nell’Età napoleonica, in Storia dell’Europa e del Mediterraneo, vol XII, Popoli, stati, equilibri di poteri, a cura di R. Bizzocchi, Salerno Editore, Roma 2013, pp. 893-943