2021
Carocci
196 p.
Nel XVII secolo la Repubblica di Genova è uno stato in fermento, sempre più insofferente al legame con la Spagna e desideroso di affacciarsi su nuovi sbocchi commerciali globali. Con il portofranco del 1654 il governo genovese apre le porte all’immigrazione ebraica, vista come tassello chiave per rilanciare i traffici con il mondo ottomano. La devastante peste del 1656-1657 mina irrimediabilmente le ambizioni genovesi ma non ferma l’arrivo in città degli ebrei i quali danno vita ad una comunità fragile, la cui esistenza sarà più volte messa in discussione negli anni a venire. Le vicende di una minoranza religiosa in continua negoziazione con le autorità cittadine diventano la chiave di lettura per interpretare la delicata stagione politica, economica e sociale di una piccola repubblica che, nel panorama europeo degli stati “nazionali” ed assolutisti, rappresentava essa stessa una minoranza. Parallelamente, vengono messe in luce parabole personali e dinamiche collettive all’interno di una comunità ebraica che, sebbene per decenni non riuscì a radicarsi e prosperare come accadeva in altre realtà italiane ed europee, dimostrò grande attitudine alla resilienza ed una continua capacità di rinnovamento.