Nata a Mulhouse, in Alsazia, il 30 novembre 1936, Christiane Klapisch-Zuber è morta a Parigi il 29 novembre 2024, alla vigilia del suo 88° compleanno.
Christiane Klapisch-Zuber entra all’École Normale Supérieure di Sèvres nel 1955 e supera il concorso dell’Agrégation in storia e geografia nel 1959. Dopo il suo coinvolgimento militante con l’FLN alla fine della guerra d’Algeria (per il quale è incarcerata à La Roquette dal settembre 1960 al luglio 1961), è notata da Fernand Braudel ed entra a far parte della VI sezione dell’École Pratique des Hautes Études nel 1962 (successivamente École des Hautes Études en Sciences Sociale dal 1975). Come molti storiche e storici della sua generazione, si dedica alla storia quantitativa ed economica e, nel 1965, entra a far parte di un’équipe che lavora a un nuovo progetto, sui “villages désertés”, per il Congresso internazionale di storia economica. Contemporaneamente scrive una tesi di dottorato sul consumo dell’arte e l’uso del marmo di Carrara (argomento suggeritole da Ruggiero Romano), che difende nel 1966 sotto la supervisione di Jacques Le Goff: Les maîtres du marbre. Carrara 1300-1600, è il suo primo libro, pubblicato nel 1969. In seguito, rivolge la sua attenzione a Firenze. Tra Parigi, Firenze e gli Stati Uniti inizia la sua collaborazione con David Herlihy, con il quale lavora per dodici anni su un’importante fonte fiscale, il catasto fiorentino del 1427 (analisi e codifica dei dati mediante schede perforate). Nel 1978 viene pubblicato quello che rimane uno dei più grandi “monumenti” della storia quantitativa e della demografia storica, Les Toscans et leurs familles. Une étude du catasto florentin de 1427 (tradotto in italiano nel 1988). Lo studio meticoloso di 60.000 famiglie (264.000 persone) fornisce una visione dei comportamenti demografici, delle relazioni tra le fasce d’età e tra i sessi, dei patrimoni, dei livelli di ricchezza, delle attività economiche e delle differenze tra città e campagna. Punto culminante della storia seriale, il libro rivela anche i limiti della documentazione fiscale per chi, come Christiane Klapisch-Zuber, cerca di costruire una storia della famiglia e dell’intimità, e preannuncia anche altre possibili strade per il futuro. In effetti, la parte finale del libro abbozza una storia dei comportamenti e delle traiettorie individuali, abbandonando le categorie, motivo per cui il catasto è integrato da un’altra fonte, all’epoca poco conosciuta dagli studiosi: le ricordanze, i libri di famiglia redatti a partire dalla fine del XIII secolo da mercanti fiorentini ansiosi di registrare il passato e il divenire della propria famiglia, che diventeranno una delle fonti privilegiate di Christiane Klapisch-Zuber lungo tutta la sua carriera, mentre costruisce una storia sociale e una storia delle donne.
Nel 1979, Christiane Klapisch-Zuber è stata una delle prime donne a ottenere lo status di “Directrice d’études” all’EHESS. Il suo seminario principale era intitolato “Demografia e antropologia storica dell’Italia medievale”. Allo stesso tempo, in collaborazione con André Burguière e Françoise Zonabend, conduce un seminario congiunto dal titolo “Storia e antropologia delle società europee (XV-XX secolo)”. Questo seminario multidisciplinare è stato in gran parte all’origine della pubblicazione di Histoire de la famille (1986), che Christiane Klapisch-Zuber ha curato insieme ad André Burguière, Martine Segalen e Françoise Zonabend.
Nelle ricordanze, quei libri di familia scritti dagli uomini, Christiane Klapisch-Zuber non ha mai smesso di tracciare i destini di ragazze e donne. È interessata al modo in cui i “mercanti scrittori” ricostruiscono il loro passato familiare, le loro memorie genealogiche e le loro strategie di scrittura. Soprattutto, costruisce gradualmente una storia della vita quotidiana e intima delle donne fiorentine, “merce del mercato matrimoniale” e “ospiti di passaggio” nella casa degli uomini. Esamina la nuzialità e le strategie matrimoniali (“Il complesso di Griselda”), i gesti e gli scambi dell’alleanza, la dote (centrale per tutte le preoccupazioni fiorentine in questa società fortemente patrilineare), la sessualità, la contraccezione, la fertilità, l’allattamento mercenario, lo svezzamento (più precoce per le bambine che per i bambini), la maternità (“Le madri crudeli”), la vedovanza, la mortalità, l’identità, l’antroponimia (“Il nome rifatto”), la parentela spirituale (dimostra che il compérage è molto più importante del padrinato), la vita familiare, l’educazione e l’apprendimento della lettura (“Le chiavi fiorentine di Barbablu”), il posto delle donne nei rituali privati e pubblici su cui la Chiesa, anche nel XV secolo, aveva poca presa. Dal 1979, anno in cui pubblica negli Annales un saggio sui riti nuziali toscani (“Zachari o il padre spodestato”), fino al 1988, anno in cui pubblica in Italia la sua prima raccolta di articoli (La famiglia e le donne nel Rinascimento a Firenze), procede a piccoli passi, approfondendo queste singolari fonti memorialistiche che ha (ri)scoperto e di cui coglie lo straordinario potenziale euristico: nel tempo svilupperà un’antropologia storica della famiglia e delle donne estremamente innovativa e originale. Questa ricerca, pubblicate in La Maison et le nom. Stratégies et rituels dans l’Italie de la Renaissance, nel 1990, è ancora al centro delle sue due opere più recenti, Mariages à la florentine, pubblicato nel 2020 (tradotto in italiano nel 2022), e de Florence à l’écritoire (2023).
Alla fine degli anni Ottanta, la scoperta di uno straordinario dossier documentario risalente al XIV secolo l’ha porta a indagare sui magnati fiorentini, quei nobili proscritti dagli Ordinamenti di Giustizia del 1293 che, mezzo secolo dopo, cercarono di riconquistare i loro diritti politici, a costo di un radicale cambiamento di nome e stemma. Insieme a Michel Pastoureau, specialista di araldica, indaga i segni visivi e il sistema antroponimico che strutturavano l’identità di questi nobili (“Ruptures de parenté et changements d’identité chez les magnats florentins du XIV siècle”, Annales, 1988). Nel 2006, la sua frequentazione pluridecennale dei magnati e la sua conoscenza della società e della vita politica di Firenze la portano a pubblicare un libro straordinario di sintesi dal titolo Retour à la cité. Les magnats de Florence, 1340-1440 (tradotto in italiano nel 2009).
Instancabile ricercatrice, nei suoi lavori più recenti, Christiane Klapisch-Zuber ha anche esplorato le fonti iconografici, ricollegandosi indubbiamente al suo sogno d’infanzia di studiare storia dell’arte o addirittura di intraprendere una carriera artistica. La scelta dei temi da esplorare tradisce la sua grande curiosità intellettuale: nel 2000 pubblica L’Ombre des ancêtres. Essai sur l’imaginaire médiéval de la parenté, un’imponente opera sulle origini dell’albero genealogico; nel 2015, traccia un ricco ritratto storico e artistico di Dimma, il santo che secondo alcuni avrebbe usurpato il suo posto in Paradiso (Le Voleur de Paradis. Le Bon larron dans l’art et dans la société (XIVe-XVIe siècles).
Christiane Klapisch-Zuber è indiscutibilmente la più eminente specialista francese di storia delle donne e del genere nel tardo Medioevo e nel Rinascimento. Gran parte della sua carriera è stata dedicata a questo campo di ricerca. Su iniziativa di Michelle Perrot, è stata coinvolta fin dall’inizio nel bollettino Pénélope (dal 1979 al 1985), che diffondeva le nascenti ricerche sulla storia delle donne. Per due decenni, insieme a Cécile Dauphin e Arlette Farge, tra le altre, è stata una delle più energiche animatrici di un gruppo di ricercatrici che si riuniva al Centre de Recherches historiques de l’EHESS per discutere della ricerca e delle sfide della storia delle donne. È in parte da questo gruppo che è nata l’Histoire des femmes en Occident, pubblicata nel 1990-1991, un’impresa collettiva che rimane oggi la sintesi più imponente su questo tema e nella quale ha diretto il secondo volume dedicato al Medioevo. Christiane Klapisch-Zuber è stata anche direttrice di Mnémosyne (Association pour le développement de l’histoire des femmes et du genre). È stata membro del comitato editoriale della rivista Clio, Histoire, Femmes et sociétés fin dalla sua nascita nel 1995.
Christiane Klapisch-Zuber ha scritto molto anche in Italia e in italiano, suo paese e lingua d’elezione. La sua prima raccolta di articoli su La famiglia e le donne a Firenze nel Rinascimento è stata pubblicata dall’editore italiano Laterza nel 1988, prima di essere pubblicata in Francia (1990) e in Germania (1995). Tre dei suoi libri sono stati tradotti in italiano e un quarto uscirà postumo. Fin dalla sua fondazione nel 1989 è stata socia della Società italiana delle storiche (SIS), e in particolare ha collaborato a un’impresa collettiva promossa dalla SIS, curando con Michela Di Giorgio il volume dedicato alla storia del matrimonio, uno dei quattro volumi della Storia delle donne in Italia, pubblicata da Laterza nel 1996.
Studiosa di fama internazionale, negli Stati Uniti la sua carriera e la sua opera sono state coronate nel 2003 dal prestigioso Paul O. Kristeller Lifetime Achievement Award. L’anno successivo le è stata conferita la Laurea honoris causa dall’Istituto Universitario Europeo di Firenze e, nel gennaio 2008, lo stesso titolo dall’Università di Pisa. Nel 1993 era stata eletta deputato della Deputazione di storia patria della Toscana.
Dotata di uno stile letterario eccezionale tra le storiche e gli storici, Christiane Klapisch-Zuber ha esplorato una notevole varietà di approcci demografici, quantitativi, etnografici e microstorici. Ha costruito un’opera di portata e ricchezza considerevoli, in cui la storia delle donne e del genere occupa un posto centrale.
Chiunque abbia conosciuto avrà notato immediatamente le sue qualità eccezionali, non solo quelle che la rendono una delle storiche più eminenti della sua generazione (intelligenza, vivacità, intuizione, capacità di aprire nuovi orizzonti, ecc.), ma anche le sue qualità umane: la capacità di ascoltare gli altri con attenzione, il profondo amore per il prossimo, la disponibilità, il senso della comunità, la modestia, il pudore, la discrezione e un sottile senso dell’umorismo. Christiane Klapisch-Zuber era una grande donna che, pur prendendo le cose molto sul serio, non si prendeva mai sul serio. Aveva appena terminato un nuovo libro intitolato Des vifs et des morts.
Isabelle Chabot e Didier Lett